Proprietà – Locazioni
La proprietà è il principale diritto reale, e si configura in via approssimativa come il diritto di un soggetto di godere e di disporre delle cose che gli appartengono.
Nel diritto romano il concetto di proprietà (dominium ex iure Quiritium) era particolarmente forte ed incisivo nell’ampiezza dei poteri attribuiti al proprietario sulla res.
Nel “Digesto” la proprietà è cosi definita: dominium est ius utendi et abutendi; quatenus iuris ratio patitur.
I concetti statici e forti della proprietà del diritto romano si sono poi evoluti nel tempo fino alle moderne concezioni occidentali.
Il codice civile italiano del 1942, prendendo atto del ridimensionamento del ruolo statico della proprietà da parte dei valori dinamici emergenti, dell’iniziativa economica, dell’impresa, del lavoro, rinuncia a definire il diritto di proprietà, ed enuncia semplicemente i tradizionali poteri del proprietario di godere e disporre della cosa (art. 832).
La vera configurazione della proprietà sotto il profilo interno è quella che concerne il contenuto del diritto, ossia l’ampiezza del dominio sulla cosa che l’ordinamento riserva al titolare, che esercita i propri diritti in modo pieno ed esclusivo.
Il carattere della pienezza è riferito al contenuto normale del diritto, quando cioè non esistono su esso i vari limiti derivanti o da diritti altrui sulla cosa o da altri obblighi previsti dalla legge.
Se sulla cosa di proprietà di un soggetto è costituito un diritto reale di godimento, ad esempio, un usufrutto totale a favore di un altro soggetto, o una locazione immobiliare, il diritto di proprietà diviene limitato dalle facoltà di godimento ed in certa misura di disposizione che spettano ad un usufruttuario o locatario.
Molteplici sono gli esercizi del diritto relativi alla proprietà e al godimento dei beni, e la legge li disciplina in appositi istituti in tutto il libro terzo del codice civile.
Esistono infine vincoli di diritto pubblico che possono gravare sulla proprietà, che il codice inserisce nelle disposizioni generali e rinvia alle leggi speciali in materia.
I modi di acquisto della proprietà sono strettamente limitati a quelli previsti dalla legge, e si dividono principalmente in acquisto a titolo originario (quando l’acquisto avviene senza che il diritto di proprietà derivi da un precedente titolare) ed acquisto a titolo derivativo (quando la proprietà si trasferisce da un precedente titolare ad un titolare nuovo).
Esistono poi diritti reali su cose altrui, basati cioè sul diritto di godimento di beni in proprietà ad altri.
Diverso dalla proprietà, ma legato ad essa frequentemente proprio dai rapporti giuridici tra soggetti, è il possesso. Un soggetto può essere proprietario di una cosa, o più semplicemente esserne possessore. Il possessore non è proprietario della cosa, ma la utilizza come se fosse proprietario. Proprietario e possessore possono coincidere come figure, ma possono anche non coincidere.
L’art. 1140 del codice civile definisce il possesso come “il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale”.
La proprietà immobiliare, trae anch’essa fondamento dall’ordinamento romano, che ne dava una concezione essenzialmente verticale, tramandata finoa ai giorni nostri: il proprietario di un suolo, definito in estensione e confini, è proprietario di tutto ciò che è sopra e di tutto ciò che è sotto detto suolo. L’antica frase coniata dai romani che definiva ciò recita: usque ad inferos et usque ad sidera (dagli inferi al cielo).
Tale definizione, seppur idealmente abbracciata dalla dottrina moderna non è più comunque in armonia con l’attuale concezione della proprietà limitata e con le varie esigenze dell’industria e della tecnica dell’epoca moderna.
Tuttavia restano tutti i principi fondamentali connessi con questa definizione, come quello ad esempio che qualunque bene edificato su un fondo è di proprietà del titolare del fondo.